Le cerrete della Basilicata
Nelle loro diverse varianti i querceti, largamente dominati dal cerro (Quercus cerris L.), rappresentano in Basilicata, ad altitudini fra 500 e 1200 m, la formazione forestale naturale, con caratteristiche di stabilità [1].
La cerreta mesofila, presente dalle zone collinari ai rilievi, fino alla quota di circa 1000 m, è costituita da un bosco a prevalenza di cerro in mescolanza con altre specie arboree come aceri e carpini, e sottobosco arbustivo piuttosto sviluppato e vario, con specie generalmente tolleranti l’ombra, alcune delle quali presenti anche in faggeta (edera, pungitopo, ligustro, dafne, agrifoglio); nello strato erbaceo prevalgono specie mesofile, esigenti di suoli freschi. Più in alto la cerreta si collega dinamicamente alla faggeta montana termofila, spesso con intercalazioni di specie come gli aceri, a foglie ottuse e di Lobel. Nelle zone più calde si sviluppa la a cerreta meso-xerofila, in cui al cerro si associano, in varie proporzioni, il farnetto (Quercus frainetto Ten.) e la roverella (Quercus pubescens Wild.), con sottobosco arbustivo del tipo pruneto (rosa, citiso, biancospino, prugnolo, lonicera, ecc.).
Sul piano fisionomico-strutturale, prevalgono i soprassuoli coetaneiformi, anche su ampie superfici, governati ad alto fusto, anche di ottima consistenza e potenzialità produttive. I giovani soprassuoli (perticaie), derivanti da tagli di avviamento ad alto fusto, rappresentano una tipologia ben definita e diffusa: spesso promettenti in termini di accrescimento tendono a configurarsi come soprassuoli monoplani, a sottobosco arbustivo più o meno denso, spesso pascolati. Non rari i casi di soprasssuoli biplani con sparse matricine di cerro e denso piano inferiore di carpini, che possono rappresentare un ostacolo per la rinnovazione della quercia. Frequenti i cedui fuori turno, con matricine di più cicli, a tratti degradati a causa di carichi elevati di pascolo.
Nelle fustaie l'orientamento colturale prescritto nella maggior parte dei piani di gestione è rappresentato dal trattamento a tagli successivi. Si tratta di un approccio che conserva ragioni di validità, ma che in diversi casi richiede di essere applicato con minore rigidità. Ponendosi l'obbiettivo, da perseguire in modo graduale, di interrompere l’omogeneità strutturale del bosco attraverso interventi su piccole superfici, che favoriscano la creazione di un habitat a tessitura più fine e una maggiore variabilità in termini di struttura e composizione specifica. Da migliorare, in quasi tutte le situazioni, la dotazione di necromassa. Nel quadro di trattamenti di rinnovazione su piccole superfici, il rilascio, qua e là, di tronchi a terra, curando che siano sovrapposti tipo 'bastoncini shangai' può contribuire alla riduzione del deficit di legno morto e al contempo creare micro-habitat in cui la rinnovazione naturale è relativamente protetta dal pascolo, ancora assai diffuso nei querceti. Come trattamenti intercalari, si applicano, quasi sempre in modo uniforme sulla superficie, diradamenti di tipo basso; anche in questo caso si può pensare a una diversificazione e a una maggiore selettività degli interventi.
Da superare, soprattutto nelle proprietà pubbliche, laddove ce ne siano le condizioni, il governo a ceduo.
[1] Aita L. et al. (1974). Osservazioni preliminari sulle faggete e sulle cerrete dell’Appennino lucano. Notiziario Fitosociologico 9: 15-26.