Al di fuori dei boschi sacri, venerati e rispettati, gli antichi greci usarono intensamente le foreste e per millenni è stato poi così. Molte zone sono rimaste coperte da macchie basse o da una magra phrygana a pulvini spinosi: nell'immagine quella di Folegandros, Cicladi, Grecia (foto di Marco Borghetti, ottobre 2020). Scorrere per il fotoracconto
Circondate dal blu, le isole Cicladi sono il regno della phrygana (foto di Annemarie Bastrup-Birk).
Phrygana e silvane sacralità: antiche e sopravvissute
Nelle zone più calde del bacino del Mediterraneo da millenni i tagli, il fuoco e il pascolo hanno rimodellato la foresta verso gli stadi involutivi della macchia bassa e della gariga a cespugli. Nel Mediterraneo orientale alla gariga (termine di origine provenzale) si dà il nome di phrygana. In termini di composizione specifica le caratteristiche della phrygana, in cui sono frequenti i cespugli spinosi di forma sferica (pulvini), non brucati dalle capre, sono molto dipendenti dal tipo di disturbo antropico [1].
Nell'antica Grecia il rapporto con i boschi fu ambivalente. Esistevano numerosi boschi sacri, in cui il culto era rivolto alle divinità naturali che il bosco custodiva: le indispensabili sorgenti d’acqua, prima di tutto. Quindi un culto dettato dal bisogno di tutelare, spesso attraverso la costruzione del mito, una risorsa essenziale.
Alla periferia di Atene, fra i boschi sacri c'era quello di ulivi selvatici intorno alla tomba di Academo: l'eroe che aiutò Elena, sorella di Castore e Polluce, a liberarsi dalla prigionia di Teseo. Fu in questo bosco che, tornato da Siracusa in modo rocambolesco, dopo una tumultuosa relazione con il tiranno Dioniso, Platone fondò quella scuola che dal nome dell’eroe prese poi il nome: l’Accademia.
Ma al di là dei boschi sacri, venerati e rispettati, gli antichi greci usarono intensamente le foreste. Ci sono testimonianze di come già nel IV secolo a.C. le montagne dell’Attica e le isole dell’arcipelago disposto a cerchio intorno a Delos, l’isola sacra ad Apollo (le Cicladi), fossero in gran parte denudate per il taglio di quasi tutti gli alberi, utilizzati soprattutto negli arsenali navali, ma anche per le costruzioni. In uno dei suoi ultimi dialoghi, Platone fa pronunciare a Crizia un lungo discorso in cui si ricorda come un tempo l'Attica fosse ornata di boschi e pascoli. Ma poi era stata 'scorticata' e ora, agli occhi del filosofo, appariva come lo "scheletro di un uomo malato". A Creta e a Rodi il legname necessario per gli arsenali navali arrivava ormai dal Ponto e dalla Cilicia, le due aree della penisola anatolica affacciate sul Mar Nero e sul Mediterraneo.
Insomma, come rischiò di essere nella Sassonia di Carl Von Carlowitz, così accadde nella Grecia di quel tempo. Le ricche d’argento del monte Laurio, situate nella punta meridionale dell'Attica, non poterono più essere utilizzate per la mancanza di combustibile: quesi monti, che ai tempi di Omero fornivano copioso legname ed erano rivestiti da verdi e pingui pascoli, erano ormai denudati e isteriliti.
Quali le cause? Ce le facciamo dire da Di Berenger [2], che nel suo stile un po' faticoso, così si esprime: “La cagione di siffatto disertamento si attribuisce: d’una parte alla pessima amministrazione finanziaria durante il governo democratico, e specialmente al sistema degli appalti e all’infedeltà degli impiegati pubblici, sotto i quali si ceduavano e devastavano le selve demaniali (perché ceduare una selva d’alto fusto e disertarla vale quasi lo stesso); dall’altro al barbaro sistema di guerreggiare dei Greci. Conciosiaché, quantunque questi fossero devoti ad una mitologia fondata sull’idea dell’internamento dell’anima immortale nella natura arborea, e quindi attissima ad ispirare il più alto rispetto pelle foreste: tuttavia, il dendrotomein, ossia lo stroncamento degli alberi sul territorio nemico, era di massima generale (come nel medio evo in Italia), tanto che le storie delle loro sempiterne contese e guerre asiatiche ridondavano d’esempi di devastazioni boschive, non meno scellerate di quelle perpetrate dalle legioni romane, da Giulio Cesare a Giuliano l’Apostata (il devastatore delle selve persiane), ed anzi fino a Teodosio il Grande, ecc.”.
Già allora, nel IV secolo a.C., la foresta si era quindi in buona parte involuta in phrygana. Tanto che fin da quei tempi fu stabilita una qualche forma di salvaguardia. Lo si fece, come riferisce l'erudito Esichio di Alessandria, in due modi: mediante un’estensione 'strumentale' dei boschi sacri, di quelli che non potevano essere tagliati; e attraverso l'istituzione di un corpo di ispettori dei boschi (gli ilori) che dovevano vigilare sul buon governo delle foreste [2].
Riverberi dell'antica e pagana sacralità del bosco li ritroviamo in quei riti arborei che sono, da più parti, ancor oggi celebrati. Uno dei più noti è quello del Maggio di Accettura, paese dell’Appennino lucano, in provincia di Potenza. Si tratta di un ancestrale rito propiziatorio, con momenti di accesa teatralità, esibizioni di abilità e forza fisica, sensualità, celebrato a partire della domenica di Pentecoste. Un tronco d’albero e una cima d’arbusto, lo ‘sposo’ e la ‘sposa’, sono innestati e sollevati al cielo in simbolica unione. Lo sposo, il Maggio, è una quercia (un cerro) di grandi dimensioni, abbattuto il giorno dell’Ascensione nel bellissimo bosco di Montepiano, poco distante dal paese. La sposa, la cima, una pianta di agrifoglio proveniente dalla foresta di Gallipoli Cognato, pure poco distante. Come nei matrimoni tradizionali di paese, prima di congiungersi nella piazza, i futuri sposi procedono separatamente accompagnati da musiche, canti, e balli della cultura popolare. Un rito arboreo che si lega alla coltivazione del bosco: in quello di Montepiano vengono applicate le cure colturali che favoriscono i cerri di grandi dimensioni, oltre alla rinnovazione naturale del bosco.
[1] Diamantopoulos J. et al. ( (1994). Variation in Greek phrygana vegetation in relation to soil and climate. Journal of Vegetation Science 5: 355-360.
[2] Di Berenger A. (1887). Selvicoltura. Trattato scritto per uso degli agenti forestali, ingegneri e possidenti di boschi. Riccardo Marghieri di Gius, via Roma (già Toledo) 276 e 277, Napoli, pp. 17-31.
Phrygana a pulvini di Sarcopoterium spinosum (L.) Spach. (spinaporci) sull'isola di Sifnos, Cicladi (foto di Marco Borghetti, agosto 2007).
Il ginepro fenicio (Juniperus phoenicea L.) (foto di Marco Borghetti, isola di Sikinos, settembre 2020).
Isola di Sifnos, Cicladi, Grecia. Macchia bassa a ginepro fenicio (Juniperus phoenicea L.) (foto di Marco Borghetti, agosto 2007).
Bosco di Montepiano, Comune di Accettura, provincia di Matera, Basilicata. Una delle più belle cerrete dellla nostra penisola: vengono da qui i fusti di cerro usati nel rito arboreo del Maggio di Accettura (foto di Antonio Lapolla, primavera 2021).
Sull'edificio del Comune di Accettura, i murales che rappresentano le scene del Maggio (foto di Agostino Ferrara, aprile 2022).