“La Sila è un paradosso che ci riporta a certe composizioni surreali… sembra a tratti di essere caduti in un angolo della Scandinavia, con i pini silani più alti e più snelli degli abeti nordici” [1]. In copertina uno dei 'giganti' della Sila (foto di Anna Rita Rivelli, giugno 2009). Scorrere per la foto-storia.

E' molto colpito dai pini silani Guido Piovene, durante il suo lungo viaggio alla scoperta dell'Italia e ce ne dà conto in modo suggestivo nel suo bel racconto diaristico [1]. Il pino silano di Piovene è il pino laricio: una sottospecie (Pinus nigra ssp. laricio) della grande specie 'collettiva' dei pini neri (Pinus nigra Arn.). Forma dei bellissimi boschi in Corsica e, da noi, in Calabria (sulla Sila e sull'Aspromonte) e in Sicilia, sui suoli lavici dell'Etna.

Ma è soprattutto sul grande altopiano della Sila (da Silva, territorio boscato) che le pinete di laricio, estese su quasi 70000 ha di superficie, caratterizzano in modo significativo il paesaggio forestale. Un paesaggio variegato: non pinete a distesa d'occhio, ma boschi che lasciano spazio a zone coltivate, pascoli; pinete che si intervallano ad altri tipi di bosco: faggete, boschi di abete bianco, castagneti.

Il pino laricio è specie autoctona sulla Sila, con popolazioni naturali che sono oggetto di tutela all'interno di riserve biogenetiche. Ma la maggior parte delle pinete odierne sono di origine artificiale: derivano da grandi opere di ricostituzione boschiva effettuate fra il 1950 e il 1970, dopo che lo sfruttamento dell'uomo e le grandi alluvioni avevano denudato il territorio, causando situazioni di grave dissesto e rischio idrogeologico. E' da poco uscito un bel libro di Francesco Iovino (già docente di Selvicoltura all'Università della Calabria e grande esperto di questi ambienti): ricco di pensiero, cultura, documentazione tecnica e illustrazioni il libro documenta in modo efficace questa straordinaria opera di ripristino ambientale [2].

Il pino laricio è, al pari di molti altri pini, specie che ama la luce (eliofila), con temperamento tipico delle specie pioniere, quelle che caratterizzano le prime fasi della successione ecologica. Predilige un clima mediterraneo-temperato, vegeta bene su terreni acidi, sciolti e ricchi di scheletro; riesce a diffondersi naturalmente su suoli in erosione e con scarsa capacità di ritenuta idrica. In un ambiente stabile, soprattutto alle quote più alte (oltre i 1400 m di quota sulla Sila), la pineta è naturalmente destinata ad evolvere  verso il bosco misto con le latifoglie, soprattutto con il faggio [3].

In Sila ci sono ancora molte  pinete pure a struttura coetanea, non solo per i rimboschimenti effettuati ma anche come risultato della rinnovazione naturale seguita a incendi o tagli. Questi casi si alternano a quelli di  pinete in decisa evoluzione, fino ad arrivare, nelle fasi avanzate di questa dinamica, a giovani faggete sovrastate da piante adulte di pino. Non mancano anche casi di pinete a struttura multiplana, soprattutto nell'ambito della proprietà privata.

Gli interventi selvicolturali possono favorire il mantenimento della pineta oppure modulare la sua evoluzione verso il bosco misto di latifoglie e abete bianco. A questo riguardo, è stato visto che quando si interviene con tagli a buche (gap openings) le dimensioni del taglio diventano rilevanti: se si vuole favorire la rinnovazione del pino laricio occorrono aperture intorno ai 500 m2, con aperture più piccole si favorisce invece la rinnovazione del faggio e dell'abete bianco [4, 5]. 

Ci sono oggi le necessarie conoscenze ecologiche, selvicolturali e tecniche per far sì che, nel quadro di una gestione adattativa, rispettosa dell'ambiente, dei valori naturalistici, del paesaggio e delle tradizioni locali, questi boschi (le pinete di laricio ma anche gli altri boschi di cui la Sila è ricca) possano alimentare una filiera foresta-legno (da opera) in grado di contribuire alla riduzione del nostro fabbisogno d'importazione di legname da lavoro [4, 6]


[1] Piovene G. (1957). Viaggio in Italia. Arnoldo Mondadori Editore, I edizione. Disponibili successive riedizioni. 

[2] Iovino F. (2021). La ricostituzione boschiva in Calabria. Modello di riferimento del passato con approcci attuali in tema di tutela del territorio e dell’ambiente. Rubbettino, collana Università, Soveria Mannelli, pp. 186.

[3] Nicolaci A. et al. (2014) Ecological and anthropogenic drivers of Calabrian pine (Pinus nigra J.F. Arn. ssp. laricio (Poiret) Maire) distribution in the Sila mountain range. iForest 8: 497-508.

[4] Iovino F. et al. (2017). Approcci selvicolturali innovativi a sostegno della gestione forestale sostenibile in Calabria. Forest@ 14: 285-313. 

[5 ]Muscolo A. et al. (2017). Use of canopy gap openings to restore coniferous stands in Mediterranean environment. iForest 10: 322-327.

[6] Picchio R. et al. (2018). Corsican Pine (Pinus laricio Poiret) Stand Management: Medium and Long Lasting Effects of Thinning on Biomass Growth. Forests 9, 257. 


Pinete, coltivazioni e pascoli si alternano sull'altopiano della Sila. Sullo sfondo, nell'immagine, una pineta derivante da rimboschimento (foto di Marco Borghetti).

In località Fossiata, sulla Sila, ci sono delle belle popolazioni naturali di pino laricio, con esemplari di grande interesse (foto di Marco Borghetti).

Sopra: zona recentemente rimboschita (foto di Marco Borghetti); sotto, operaie al lavoro durante la grande ricostituzione boschiva degli anni '50 (foto ex archivio Opera Valorizzazione Sila) [2].  

Ingresso di latifoglie all'interno di una pineta derivante da rimboschimento. In questo caso si tratta del castagno che, al pari del pino laricio, vegeta bene su suoli acidi (foto di Marco Borghetti).

Sila Grande, provincia di Cosenza. Sopra: pinete di pino laricio in contatto con la faggeta. Le modalità gestionali, attraverso l'applicazione o meno di specifici trattamenti selvicolturali, determineranno la persistenza della pineta o la sua evoluzione verso un bosco misto, con il faggio sempre più prevalente. Sotto: Risultato di tagli a strisce marginali su pinete di laricio. Bene evidente il bosco giovane derivante da rinnovazione naturale in seguito al taglio (foto di Anna Rita Rivelli).

Sopra: in assenza di diradamenti le pinete derivanti da rimboschimento crescono molto fitte, con piante filate (molto alte in relazione al diametro del tronco) che risultano vulnerabili ai colpi di vento; sotto, operazioni di esbosco dopo un diradamento nella pineta. L'altopiano della Sila è caratterizzato da una morfologia, e da una viabilità, favorevoli alla gestione forestale  (foto di Marco Borghetti).