Le specie forestali possono rispondere in diversi modi al cambiamento climatico. Una possibilità, che richiede tempi lunghi, è quella della selezione genetica: nel corso delle generazioni, all'interno delle popolazioni si selezionano individui con caratteristiche funzionali e strutturali compatibili con il nuovo ambiente [5]. In confronto ad altre specie forestali, il pino d’Aleppo pare caratterizzato da una variabilità non elevata all'interno delle popolazioni. Questa condizione sarebbe la conseguenza di fenomeni di deriva genetica avvenuti durante l’ultima glaciazione. E anche di una espansione post-glaciale partita da poche aree rifugio ubicate nella parte meridionale della penisola balcanica [6].
Un altro modo di rispondere al cambiamento climatico è quello della migrazione. Vale a dire di una ‘fuga’ delle popolazioni, generazione dopo generazione, da zone che stanno diventando inospitali verso zone con un clima ancora favorevole. Anche questa è una risposta che richiede molto tempo se avviene in modo esclusivamente naturale. Mentre può essere più rapida se viene favorita dall’uomo attraverso le tecniche della migrazione assistita [7].
Vi è poi la risposta che consiste nell'acclimatazione fisiologica e strutturale. Questa è resa possibili dalla plasticità fenotipica delle specie arboree. Si tratta di una risposta più rapida in quanto avviene a scala di individuo: gli alberi non ‘fuggono’ ma rimangono sul posto (in situ) modificando la loro struttura e il loro funzionamento per adattarsi alle nuove condizioni climatiche [8]. Nel caso specifico, il pino d’Aleppo mostra la capacità di modificare la struttura del sistema di trasporto idraulico per far fronte a condizioni di stress idrico e di modulare nel corso della stagione la resistenza dello xilema alla cavitazione. E anche quella di modificare l’assimilazione fotosintetica e la traspirazione per adattarle a condizioni climatiche variabili e molto contrastanti. In questo modo vengono garantiti sia l’uso efficace che la conservazione dell’acqua [9, 10, 16]. Degno di nota il fatto che, nella risposta alla siccità e alle alte temperature, la plasticità fisiologica della specie appare dominante rispetto agli effetti della variabilità ecotipica [11].
Dinamiche future (con cenni alla gestione adattativa)
Dalle conoscenze disponibili e da quanto si osserva in natura, quali dinamiche si possono immaginare per il futuro delle nostre pinete di pino d’Aleppo? E quali possono essere le conseguenze sul piano gestionale? Avanziamo qualche ipotesi:
come effetto del cambiamento climatico c'è da aspettarsi un aumento della capacità competitiva delle specie termo-mediterranee della macchia bassa e della gariga (rosmarino, cisti, ginepri, ecc.), rispetto a quelle meno xero-tolleranti della macchia-foresta (mirto, leccio, corbezzolo, ecc.). Si tratta di specie del sottobosco a basso potere di copertura che ostacolano meno la rinnovazione naturale del pino. Per questo motivo, la successione della pineta di pino d'Aleppo verso la macchia sempreverde dominata dal leccio potrebbe risultare rallentata o bloccata. Da formazione pioniera con caratteri di transitorietà, la pineta potrebbe assumere un assetto più stabile in consociazione con le specie di macchia più xero-tolleranti. Questo fatto richiederebbe una rivalutazione delle pinete nell'ambito delle unità di gestione della pianificazione forestale (sia a scala aziendale che a scala territoriale) e una ridefinizione degli indirizzi colturali;
il riscaldamento del clima esporrà a crescenti condizioni di siccità la fascia di vegetazione forestale sopra-mediterranee e sub-montana: i querceti specialmente potrebbero trovarsi in condizioni di difficoltà, con possibili regressioni verso boschi lacunosi o fisionomie miste arboreo-arbustive. Nel passato, il pino d'Aleppo è stato frequentemente impiegato, sui versanti collinari, per il rimboschimento a scopo di protezione idrogeologica. In condizioni di ridotta capacità competitiva da parte delle latifoglie del querceto, ci potrebbe essere una diffusione del pino all'interno di querceti in fase di regressione per le crescenti ondate di siccità e calore. Si tratta di un processo che può anche essere accelerato artificialmente, nel quadro di una gestione forestale di adattamento al cambiamento climatico. La diffusione assistita del pino d’Aleppo (da attuare con i metodi della selvicoltura di precisione) nell'ambito di boschi sopra-mediterranei può rappresentare una strategia per conservare la fisionomia forestale e per contrastare i processi di degradazione del suolo. Ci sarebbe così un ampliamento, in parte naturale e in parte favorito dall'uomo, del range altitudinale del pino d'Aleppo, che potrebbe spingersi a quote più alte di quelle attuali, come già si osserva sui rilievi del nord-Africa;
nelle pinete di pino d'Aleppo, sia quelle naturali come quelle derivate da rimboschimento, dovrebbe trovare applicazione una selvicoltura di adattamento alla siccità [12] come quella di prevenzione dell'incendio. La realtà delle pinete di pino d’Aleppo è stata, in moltissimi casi, quello dell'abbandono colturale. Lo evidenziava Ezio Magini più di 70 anni fa [1] e in seguito la situazione non è di fatto cambiata. Diversi lavori mettono in evidenza l'importanza della gestione forestale per migliorare il bilancio idrico stazionale: in particolare, l'effetto positivo dei diradamenti sulla resilienza allo stress idrico della pineta e sulla sua produttività [13, 14]. Di fronte al cambiamento climatico, il tipo di pineta più stabile e con il maggior grado di resilienza al disturbo da incendio è rappresentata dalla fustaia disetanea, nella quale è sempre presente un’aliquota di piante in grado di disseminare dopo l’incendio. Sul piano colturale, si può pensare all’applicazione di tagli di rinnovazione su piccole superfici, per ottenere una fustaia disetanea a gruppi. Laddove si sviluppi una fitta rinnovazione naturale, è anche opportuno intervenire tempestivamente con gli sfollamenti. Una riduzione della competizione (per la luce soprattutto) determina infatti un’accelerazione dei processi riproduttivi e la formazione di una 'banca' del seme nella chioma. Si aumenta così la resilienza della popolazione in caso di passaggio del fuoco [15].
[1] Magini E (1954). Pinete di pino d'Aleppo. In 'Atti del Congresso Nazionale di Selvicoltura', Volume I, pp. 49-68, Tipografia Coppini, Firenze.
[2] Richardson DM (ed.) (1998). Ecology and Biogeography of Pinus. Cambridge University Press, UK.
[3] Leone V, Borghetti M, Saracino A (2000). Ecology of post-fire recovery in Pinus halepensis in southern Italy. In 'Life and Environment in the Mediterranean' (ed. Trabaud L). Advances in Ecological Sciences 3. WIT Press, Southampton, UK.
[4] Borghetti M, Cinnirella S, Magnani F, Saracino A (1998). Impact of long-term drought on xylem embolism and growth in Pinus halepensis Mill. Trees-Structure and Function 12: 187-195.
[5] Jump AS, Peñuelas J (2005) Running to stand still: Adaptation and the response of plants to rapid climate change. Ecology Letters 8: 1010-1020.
[6] Morgante M, Felice N, Vendramin GG (1998) Analysis of hypervariable chloroplast microsatellites in Pinus halepensis reveals a dramatic genetic bottleneck. In: Karp A, Issac PG, Ingram DS (eds.) Molecular tools for screening biodiversity. Springer, Dordrecht, pp 407-412.
[7] Benito-Garzón M, Fernández-Manjarrés JF (2015) Testing scenarios for assisted migration of forest trees in Europe. New Forests 46: 979-994.
[8] Magnani F, Grace J, Borghetti M (2002). Adjustment of tree structure in response to the environment under hydraulic constraints. Functional Ecology 16: 385-393.
[9] Klein T, Cohen S, Yakir D (2011). Hydraulic adjustments underlying drought resistance of Pinus halepensis. Tree Physiology 31: 637- 648.
[10] Tatarinov F, Rotenberg E, Maseyk K, Ogée J, Klein T, Yakir D (2016). Resilience to seasonal heat wave episodes in a Mediterranean pine forest. New Phytologist 210: 485-496.
[11] Baquedano FJ, Valladares F, Castillo FJ (2008). Phenotypic plasticity blurs ecotypic divergence in the response of Quercus coccifera and Pinus halepensis to water stress. European Journal of Forest research 127: 495–506.
[12] Borghetti M, Colangelo M, Ripullone F, Rita A (2021). Ondate di siccità e calore, spunti per una selvicoltura adattativa. Forest@ 18: 49-57.
[13] Ungar ED, Rotenberg E, Raz-Yaseef N, Cohen S, Yakir D, Schiller G (2013). Transpiration and annual water balance of Aleppo pine in a semiarid region: Implications for forest management. Forest Ecology and Management 298: 39–51.
[14] Manrique-Alba, Beguería S, Molina AJ, et al. (2020) Long-term thinning effects on tree growth, drought response and water use efficiency at two Aleppo pine plantations in Spain. Science of the Total Environment, Volume 728.
[15] Verkaik I, Espelta JM (2006). Post-fire regeneration thinning, cone production, serotiny and regeneration age in Pinus halepensis. Forest Ecology and Management 231: 155-163.
[16] Feng F, Wagner Y, Klein T, Hochberg U. (2023). Xylem resistance to cavitation increases during summer in Pinus halepensis. Plant, Cell & Environment, 1 -11.