Un'altra storia: i lariceti di versante e di fondovalle
Il larice (Larix decidua Mill.), diffuso sulle montagne delle medie latitudini (dalle Alpi ai Carpazi), è una conifera bene adattata al clima continentale. Assai longevo, grazie al suo abito deciduo (perde gli aghi in autunno) è in grado di resistere agli intensi freddi invernali e alle tempeste di neve gelata tipiche dell'alta quota. Insieme al pino cembro (Pinus cembra L.) dà origine al larici-cembreto, il bosco che segna il limite superiore della foresta su gran parte dell’arco alpino. Sono però le piante di larice quelle che si spingono alle quote più alte, a segnare la cosiddetta linea degli alberi (tree line). Negli ambienti di alta quota la rinnovazione naturale del larice è legata al ricorrere di disturbi ambientali (valanghe, smottamenti del terreno, ecc.) che creano le condizioni favorevoli (spazi aperti e suolo minerale) alla germinazione del seme e allo sviluppo delle piantine [1].
Quando invece lo ritroviamo nei fondovalle o sui medi versanti, la presenza del larice è legata a una scelta dell’uomo, che lo ha diffuso artificialmente. Il larice fornisce un legno di grande qualità: facile da lavorare, durevole, resistente alle intemperie, di aspetto gradevole. Sulle nostre Alpi, soprattutto nelle vallate dolomitiche, i rivestimenti esterni dei fienili e di molte case sono fatti con il suo legno. Così come per la copertura dei tetti si usavano, e talvolta ancora si usano, le scandole, piccole assi di legno di larice.
Oltre a fornire un legno apprezzato, la presenza del lariceto a media e bassa quota rispondeva a un'esigenza delle popolazioni di montagna. Quella di poter disporre di un bosco che potesse essere pascolato. Il larice ha una chioma leggera, poco densa, attraverso la quale filtra molta luce. Il lariceto è quindi un bosco luminoso, sotto il quale si sviluppa un fitto strato erbaceo: un’importante risorsa foraggera che permette il pascolo del bestiame in vicinanza degli abitati [2].
Nel corso del tempo, con lo sviluppo turistico delle vallate alpine, il lariceto di bassa quota, nelle vicinanze dei paesi, ha perso in buona parte la funzione di bosco da pascolo. Ma ha assunto un'altra rilevante funzione: quella paesaggistica e turistica. E' un bosco aperto, luminoso, con individui spesso di grandi dimensioni, molto gradito alla gente. Anche per i bellissimi cromatismi che fornisce: dal verde tenue delle primavera, quando gli alberi producono i nuovi aghi, alle fiammeggianti colorazioni autunnali. Ci sono quindi buoni motivi per conservare i lariceti di bassa quota, soprattutto quelli che, in vicinanza dei paesi, assolvono a una importante funzione paesaggistica e turistico-ricreativa.
Molti lariceti di medio versante sono tuttavia in evoluzione verso un bosco misto con l’abete rosso (Picea abies Karst.). Il quale, rispetto al larice, è specie meno eliofila e quindi in grado di rinnovarsi naturalmente anche in un bosco semi-chiuso. In mancanza di interventi colturali mirati a promuovere la rinnovazione del larice (attraverso la creazione di chiarie e l’esposizione del terreno minerale necessario per la germinazione del seme) il lariceto è destinato ad evolvere gradualmente verso il bosco a prevalenza di abete rosso.
[1] Soraruf L, Carrer M (2007). Dinamismi e struttura della rinnovazione in tre popolamenti d’alta quota nelle Dolomiti ampezzane. Forest@ 4: 177-193.
[2] Gabellieri N (2021). Il patrimonio bio-culturale alpino: un approccio geografico-storico al pascolo alberato di larici in Trentino (XVIII-XXI sec.). FrancoAngeli srl.