Sughereta naturaliforme con sottobosco di specie della macchia, località Sas Tumbas, Alà dei Sardi, Sardegna nord-occidentale (Nuoro), L'immagine documenta una condizione di semi-naturalità, in cui la quercia riesce a rinnovarsi naturalmente (foto di Gabriele Giuseppe Antonio Satta).
La quercia da sughero
La quercia da sughero, o sughera (Quercus suber L.), è insieme al leccio, la principale quercia sempreverde della bio-regione mediterranea. Rispetto al leccio, il suo ottimo climatico è spostato verso un clima più caldo e piovoso (clima mediterraneo-oceanico) [1]. Forma boschi estesi nella pensisola iberica e nel nord-Africa occidentale. In Italia è presente in modo lungo la costa tirrenica, con rilevanti addensamenti nel Lazio (Agro Pontino), e nella Sardegna nord-orientale (Gallura), dove dà origine a formazioni forestali estese, tradizionalmente utilizzate per l'estrazione del sughero.
E' lo schema fitoclimatico proposto da Alessandro de Philippis [1] per la vegetazione mediterranea, mettendo al centro la foresta di leccio. Cosi si esprime l'autore: "A partire dall'optimum delle sue possibilità vegetative e procedendo verso stazioni umide o freddo umide, il leccio si imbatte nelle querce caducifoglie, nel castagno ecc., mesofili meno termofili; verso stazioni calde o caldo-umide, incontra la sughera più termofila e meno decisamente termofilo-xerofili; infine nelle stazioni freddo aride la foresta di leccio degrada verso una vegetazione semi-steppica, caratteristiche delle alte montagne africane".
La quercia da sughero predilige nettamente i suoli acidi, rifuggendo dai suoli con calcio attivo nella soluzione circolante. Vegeta anche anche sulle terre rosse mediterranee ma solo se sono decalcificate, a reazione non alcalina. In Italia la troviamo su: suoli derivanti da graniti e scisti cristallini, come in Sardegna e Calabria; terre rosse decalcificate derivanti da calcari del secondario, come nell'Agro Pontino; terreni e sabbie alluvionali del quaternario, come nella Maremma toscana e in Sicilia. Nel sottobosco delle sugherete naturaliformi si ritrovano le specie di macchia che prediligono i medesimi tipi di suoli: le eriche, il corbezzolo, i cisti, ecc.
La sughera è specie che ama la luce (eliofila), che quindi necessità di spazi semi-aperti per potersi rinnovare. In condizioni di semi-naturalità, il sottobosco di specie arbustive che fa da corredo alla sughereta non rappresenta di solito un ostacolo alla rinnovazione della quercia. Il passaggio di fuoco radente, che riduce la densità del sottobosco, può creare condizioni di favore per la rinnovazione della quercia.
Cisti, corbezzoli, eriche, lentischi nel sottobosco della sughereta, massicio dei Maures, Var, Francia. Nelle zone interne del Massiccio dei Maures, sui più umidi versanti a settentrione, il suolo acido permette la presenza del castagno e la castanicoltura che nel paese di Collobrières è attività tradizionale, con rinomata produzione locale di marrons glacés (foto di Marco Borghetti, gennaio 2022).
La quercia da sughero è conosciuta come una delle specie più resistente al passaggio del fuoco, grazie alla scorza di sughero che protegge i tessuti meristematici. Viene definita come specie pirofita passiva, in quanto è il singolo individuo che si protegge dal fuoco, a differenza di altre specie (definite pirofite attive) in cui la risposta al passaggio del fuoco avviene, a scala di popolazione, con meccanismi di rinnovazione naturale, come è il caso delle pinete di pino d'Aleppo e di pino marittimo.
Lo spesso strato di scorza di sughero (ritidoma) che ricopre i tessuti meristematici: un tessuto con forte potere di coibentazione termica che che conferisce alla pianta resistenza nei confronti del fuoco (foto di Annemarie-Batrup Birk).
Dopo il passaggio del fuoco, i tessuti meristematici rimangono vitali grazie alla protezione della scorza di sughero e le sughere rinverdiscono le chiome, Massiccio dei Maures, Var, Francia (foto di Marco Borghetti, gennaio 2022).
L'ondulato 'mare' verde della bellissima 'Forêt des Maures' (v. mappa sotto) a prevalenza di quercia da sughero, una delle più belle della regione mediterranea, Var, France (foto di Marco Borghetti, gennaio 2022).
Passaggi ripetuti del fuoco potrebbero tuttavia mettere in crisi la foresta causando fenomeni di mortalità ritardata. Nella foresta del massiccio dei Maures sono state effettuate delle ricerche per valutare gli effetti dei grandi e intensi incendi del 2003. I risultati indicano che la mortalità ad un anno dall'incendio è bassa (3-8%) a conferma della notevole resistenza della specie, in confronto alla altre presenti in zona. Tuttavia sono stati osservati fenomeni di mortalità ritardata dal 2004 al 2007, probabilmente dovuti a ripetuti episodi di siccità. A scala di popolamento, il fuoco ha determinato effetti diversi sulle diverse classi dimensionali delle piante, con livelli di mortalità più alti per le piante piccole e per quelle grandi. Come conseguenza il fuoco tende a 'regolarizzare' e rendere più aperto il popolamento di sughera [2].
[1] De Philippis A. (1936). La sughera (Quercus suber) e il leccio (Q. ilex) nella vegetazione arborea mediterranea. Studio di fitogeografia ed ecologia comparate. Estratto dal Bulletin de Silva Mediterranea, X année 1935. Firenze, Tipografia Mariano Ricci, via San Gallo 31, 1936.
[2] Curt T. et al. (220). Fire-driven oak regeneration in French Mediterranean ecosystems. Forest Ecology and Management 258 (9): 2127-2135.
In Gallura (Sardegna) le sugherete sono tradizionalmente utilizzate con l'estrazione del sughero, fatta di regola ogni nove anni. Queste sugherete sono spesso pascolate, con sottobosco erbaceo. In queste condizioni la rinnovazione naturale non è facile. Per cui, quando occorre sostituire qualche vecchia pianta senescente può essere necessario intervenire in modo attivo, o attraverso il reclutamento di polloni vegetativi [la cui emissione può essere stimolata dal taglio della ceppaia sotto il piano di campagna (tramarratura)] o attraverso piantagione (foto ex Raffaella Lovreglio).
Con queste tre immagini ci spostiamo in Portogallo: qui le sugherete rivestono una importante funzione produttiva, e sono spesso coltivate in regime di agro-selvicoltura o arboricoltura da legno. Qui la sughereta è in consociazione con il trifoglio (foto di Annemarie Bastrup-Birk).