Faggete danesi
Chi è stato in Danimarca sa che, oltre al castello di Amleto e altre cose degne di interesse, ci sono delle belle faggete. Se guardiamo le mappe degli areali che rappresentano la distribuzione naturale del faggio (Fagus sylvatica L.) si vede che la Danimarca vi è pienamente compresa, anzi il faggio arriva più su, fino alla latitudine di Stoccolma più o meno.
In realtà le faggete danesi di oggi non hanno un'origine naturale. Per molto tempo le foreste in Danimarca erano soprattutto di querce, tigli, aceri, noccioli, ecc. Il faggio c'era ma non nelle proporzioni odierne. Ma all'inizio dell'ottocento di boschi in Danimarca ne erano rimasti pochi: tutto era diventato agricoltura e pascolo, un misero 2% di superficie era ancora coperta da boschi. Poi la storia ci mise lo zampino. I danesi erano alleati di Napoleone e gli inglesi, comandati da Orazio Nelson, misero sotto assedio Copenaghen, si impadronirono della flotta danese e incendiarono la città, che andò in buona parte distrutta. Quando si trattò di ricostruirla, i danesi si accorsero che i boschi, da cui prendere il legname necessario, non c'erano più.
Imparata la lezione, decisero di ripiantare la foresta e scelsero il faggio come specie principale. Le loro faggete i danesi le hanno poi coltivate con attenzione mettendo a punto dei sistemi di diradamento adeguati per trarne legname di qualità.
Quello dei diradamenti è un capitolo centrale della selvicoltura, vista nella sua essenza di ecologia applicata ai popolamenti forestali: diradare, cioè ridurre il numero di alberi che crescono su una determinata superficie, è lo strumento di cui il selvicoltore dispone per regolare la competizione per le risorse nel popolamento e per distribuire la crescita fra gli individui in funzione degli obbiettivi colturali.
Una delle forme possibili di diradamento, mirata alla produzione di fusti di qualità, è quella del diradamento 'danese', descritto da Oppermann nel 1836. Si tratta, nella sostanza, di un diradamento di tipo alto, di forte intensità, in cui vengono precocemente favoriti gli alberi principali che dovranno poi costituire il soprassuolo definitivo, conservando gli alberi accessori utili (cioè quelli che favoriscono una buona educazione del fusto) ed eliminando invece quelli 'dannosi' (cioè quelli che competono ma non educano); gli 'indifferenti' vengono utilizzati solo se c'è convenienza. 'La riuscita del sistema poggia sulla giudiziosa applicazione di questa norma generale': scrive così, nella sua bella rassegna sui diradamenti, Alessandro de Philippis [1].