Colonizzazione di ex-coltivi terrazzati da parte del pino d'Aleppo e di specie della macchia mediterranea, Var, Francia (foto di Marco Borghetti, gennaio 2022). In Provenza, come in tante parti del Mediterraneo, decine di migliaia di ettari, prima coltivati , sono stati colonizzati dal pino d'Aleppo e dalla macchia mediterranea [1].

Andrea Gennai ha così commentato questa immagine: "...troppo spesso, anche se molto umanamente, siamo spaventati dai cambiamenti. Un coltivo che torna bosco spaventa una parte di noi, mentre un bosco che diventa coltivo terrorizza la parte opposta. Ecco, forse le reciproche posizioni sarebbero meno distanti e più conciliabili se ci spaventassimo di meno dei cambiamenti e ciò dovremmo imparare a farlo studiando la storia dei nostri territori, dei nostri paesaggi, che è frutto di continui cambiamenti, spesso anche ciclici. Ho in mente alcuni stupendi boschi abruzzesi, faggete adulte comprese, cresciute su antichi terrazzamenti dove decenni e secoli fa si coltivava mais o grano a 1400 metri, ad ore di cammino dai paesini. Passeggiare in quei boschi ti fa capire come la storia sia anche trasformazione ed è ciò che la rende stupenda. Se non avessimo paura del cambiamento, avremmo forse più energie da dedicare all'analisi seria delle condizioni, dei pro e dei contro, dei rischi e dei benefici...". Scorrere per la fotostoria.

Qui siamo in Basilicata, comune di Avigliano (Pz), località Montanara. Un frondoso albero di cerrro, ben evidente al centro della foto,  garantiva il 'meriggio' estivo per gli animali al pascolo: riparo dal caldo e dall'elevata radiazione solare durante le ore del pomeriggio. E' ora evidente un dinamismo (successione secondaria) che dal pascolo arborato riporterà alla ricostituzione della copertura arborea. La vegetazione naturale è rappresentata dal querceto meso-xerofilo in cui le specie principali sono il cerro, la roverella e il farnetto, cui si mescolano in maniera sporadica anche l'orniello, l'olmo e l'acero campestre. Diffuso anche un "mantello" arbustivo con specie della pseudo-macchia sub-montana:  ginestra, biancospino, caprifoglio, prugnolo selvatico, rose di macchia e berretta del prete (foto e commento di Leonardo Mecca, inverno 2022).

Boschi di neo-formazione

I cambiamenti nell'uso del suolo (land-use changes) sono uno degli aspetti più rilevanti dei cambiamenti globali. In Europa, a partire dal secondo dopoguerra, i fenomeni di urbanizzazione e di intensificazione dell'agricoltura hanno determinato la cessazione delle attività agricole e di pascolo in molte aree (economicamente marginali) dove non era più possibile praticare un'agricoltura redditizia. Questo ha innescato dei processi (indicati  in ecologia con il termine di successioni secondarie) che hanno portato alla riconquista di molte di queste zone da parte di boschi, detti di di neo-formazione [2].  Gran parte dell'aumento della superficie forestale nel nostro paese è dovuta a questo fenomeno.

In molti casi, il ritorno del bosco può essere considerato come un fatto positivo, ma vi sono anche situazioni da considerare con attenzione. Difatti, con l’abbandono delle pratiche colturali e il progressivo sviluppo della vegetazione arbustiva ed arborea si possono determinare effetti notevoli sul bilancio del carbonio, su quello idrologico, sulle caratteristiche dei suoli [3]. Vengono a modificarsi habitat che da tempo si erano consolidati e talvolta si assiste a un impoverimento della biodiversità (flora e fauna) e alla perdita di importanti zone di transizione (ecotoni). Ci sono poi effetti legati alla modifica del mosaico paesaggistico e alla perdita di valori colturali e culturali connessi alle tradizionali forme d’uso del suolo.

In rapporto a queste problematiche, la strategia forestale nazionale (SFN), da poco pubblicata, mette in evidenza la necessità di: riconoscere come bosco le superfici di neo-formazione,  indirizzandone la gestione in relazione alla funzione prevalente svolta  in quel dato contesto ambientale, paesaggistico e socioeconomico; di adottare comunque indirizzi gestionali atti a garantire la conservazione degli ecotoni (zone di passaggio bosco-pascolo, bosco-campo, ecc.) della biodiversità, e del mosaico paesaggistico così come plasmato dalle tradizionali colture e pratiche agro-pastorali locali. 

Un aspetto da considerare è anche quello legato alla maggiore suscettibilità agli incendi boschivi che si può determinare, soprattutto negli ambienti mediterranei, in seguito a un cambiamento di uso del suolo in cui si abbia il passaggio verso coperture arbustive e arboree da zone precedentemente agricole [4].


[1] Sheffer, E. (2012). A review of the development of Mediterranean pine–oak ecosystems after land abandonment and afforestation: are they novel ecosystems?. Annals of Forest Science 69 : 429-443.

[2] Alberti G. et al. (2008). Forest ecosystem carbon accumulation during a secondary succession in the Eastern Prealps of Italy, Forestry: An International Journal of Forest Research 81: 1-11. 

[3] Ferlan M. et al. (2011). Comparing carbon fluxes between different stages of secondary succession of a karst grassland. Agriculture, Ecosystems & Environment 140 (1–2): 199-207.

[4] Ascoli D. et al.  (2021). Land use change towards forests and wooded land correlates with large and frequent wildfires in Italy. Annals of Silvicultural Research 46(2): 177-188.

Basilicata, Parco regionale di Gallipoli Cognato. Su terreni non più pascolati o coltivati, si notano le avanguardie di arbusti e di alberi (foto di Marco Borghetti, giugno 2021). 

Sopra: Piano Vacquarro, Parco Nazionale del Pollino, provincia di Potenza. Un tempo questa era la via della transumanza e le greggi si muovevano attraverso zone aperte di pascolo, con sparsi alberi: oggi la vecchia strada passa attraverso un bosco misto di latifoglie, di neo-formazione, con il maggiociondolo bene in evidenza (foto di Angelo Nolè). Sotto: siamo a Piano Novacco, nel gruppo dell'Orsomarso, sempre nel Parco Nazionale del Pollino, dove si conservano ancora ampi spazi aperti di pascolo (foto di Anna Rita Rivelli, giugno 2009).

Altri esempi di boschi di neoformazioni e modificazioni del paesaggio: a sinistra, in Val di Fiemme (provincia di Trento) zone in precedenza prative, sfalciate o pascolate, poco sopra il fondovalle, colonizzate da formazioni di latifoglie pioniere (foto di Marco Borghetti, giugno 2022); a destra, la graduale occupazione di spazi aperti, sempre in una vallata alpina, da parte degli alberi e del bosco (foto di Piero Piussi).

Il paesaggio di molte zone collinari (qui siamo in provincia di Parma) si sta trasformando per la contrazione delle superfici coltivate, che vengono colonizzate da arbusteti d'invasione (rovi, prugnoli, biancospini, rose selvatiche, ecc.) e boschetti. Sono formazioni che a fini inventariali (v. INFC 2015) ricadono di solito nella categorie 'altre terre boscate'  (foto di Marco Borghetti, 2021 e 2022).

In pieno ambiente mediterraneo, dove i boschi sono spariti da secoli e il sole spacca la pietra, i terrazzi un tempo coltivati vengono al più colonizzati dagli arbusti della phrygana (Isola di Sikinos, foto di Annemarie Bastrup-Birk).